Genova, il petrolio e il disastro ambientale
La magistratura sta indagando per disastro ambientale colposo. È uno dei primi casi in cui in Italia si utilizzano i recentissimi 'ecoreati', i delitti contro l'ambiente introdotti nel 2015
Pochi giorni fa a Genova si è rotto il tubo di una condotta di una raffineria e sono fuoriuscite 50 tonnellate di petrolio che hanno inquinato gravemente il terreno e due corsi d'acqua limitrofi, tramite i quali parte del petrolio è arrivato in mare. La condotta è stata sequestrata, sono scattati interventi per contenere i danni e recuperare il petrolio versato e attualmente l'emergenza è stata revocata. Il Governatore Giovanni Toti ha dichiarato "basta allarmismi inutili", il prefetto ha detto che è stato recuperato il 95 per cento del petrolio sversato: insomma non è successo niente o quasi.
Sull'episodio, ovviamente è in corso una indagine della magistratura che ha disposto diverse perizie per valutare sia le cause sia le conseguenze. E altrettanto ovviamente sarà la magistratura che, sulla base delle sue indagini, individuerà le eventuali responsabilità. Di certo non saranno indagini facili. Dalla stampa, infatti, abbiamo appreso che si procede per disastro ambientale colposo.
Questo, quindi, è uno dei primi casi in cui in Italia si utilizzano i recentissimi "ecoreati" e cioè i delitti contro l'ambiente introdotti finalmente, dopo oltre 20 anni di attesa, nel nostro codice penale con la legge n. 68 del maggio 2015. In particolare – abbiamo visto – il disastro ambientale. E qui cominciano le prime difficoltà.
Secondo la nuova legge, infatti, è punito con la reclusione da 5 a 15 anni "chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale"; cagiona, cioè, l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema ovvero l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, ovvero, infine l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Occorre, quindi, stabilire in primo luogo e con esattezza i danni provocati dallo sversamento. E questo è già molto difficile, almeno in questo momento, perché in questi casi i danni molto spesso non si vedono subito ma escono fuori a distanza di tempo: si pensi, ad esempio, alla possibile contaminazione di falde acquifere che avviene attraverso un lento percolamento non immediatamente verificabile; si pensi alle conseguenze per l'ittiofauna e per gli animali della zona, anche esse non visibili immediatamente se non in parte; e così via. Tanto più che si dovrà stabilire se vi sia stata alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema o solo un'alterazione la cui eliminazione sia risultata particolarmente onerosa (e occorrerà definire sia la differenza tra le due alterazioni sia il concetto di "un ecosistema") se non un danno alla pubblica incolumità.
In questo quadro è evidente che la difesa della raffineria tenderà a far chiudere le indagini al più presto, utilizzando le prime dichiarazioni di "non è successo niente", per sostenere che non vi è stata alcuna alterazione dell'equilibrio dell'ecosistema.
In più i magistrati dovranno stabilire se il disastro sia stato provocato abusivamente; avverbio inserito nella legge all'ultimo momento e di dubbia interpretazione. Di certo, infatti, la raffineria non è "abusiva" nel senso che avrà tutte le autorizzazioni. Ma, se si vuole sostenere che "abusivamente" significa che ha violato qualche norma di sicurezza o di tutela ambientale, bisognerà dimostrarlo; fermo restando che se il fatto non era prevedibile né evitabile non vi può essere responsabilità penale.
E passiamo alle sanzioni. Per il disastro ambientale colposo la pena è diminuita da un terzo a due terzi; quindi il massimo di 15 anni di reclusione può arrivare a cinque. Tuttavia, la nuova legge prevede anche che, in caso di "ravvedimento operoso" – quando cioè il responsabile si sia adoperato per evitare conseguenze ulteriori – vi sia un ulteriore sconto di pena, sempre dalla metà a due terzi. Ed è così che il responsabile di un disastro ambientale può cavarsela con una pena inferiore a quella di uno scippatore, usufruendo di tutti i benefici di legge.
Sarò un giustizialista, ma mi sembra un po' troppo!