Sentenza Green Hill, condannati 13 attivisti
Lav: "non hanno rubato ma salvato vite in un'azienda poi condannata e chiusa da una legge. Corte d'appello valuti diversamente e ribalti questa ingiustizia".

Si è concluso oggi, presso il Tribunale di Brescia, il processo ai 13 attivisti imputati a vario titolo per furto, rapina, lesioni e resistenza al pubblico ufficiale per aver salvato più di una sessantina di cani beagle dall’allevamento per la vivisezione Green Hill a Montichiari (Brescia) il 28 aprile 2012, poi posto sotto sequestro per il delitto di maltrattamento ed uccisione di animali il 17 luglio 2012.
La LAV ricorda che i titolari dell’allevamento e il medico veterinario di Green Hill sono stati condannati il 23 gennaio 2015 per i reati di uccisione e maltrattamento e l’allevamento ha poi definitivamente chiuso anche a seguito dell’approvazione della nuova normativa sulla sperimentazione animale che vieta allevamenti di cani allevati per la sperimentazione.
La difesa degli attivisti in questo processo ha contestato fino in fondo che potessero essere ritenuti colpevoli coloro che hanno liberato animali allevati in una struttura in cui è stato successivamente accertato, dallo stesso Tribunale, il maltrattamento e la morte, sottolineando la titolarità in capo all’animale di posizioni giuridiche tutelate dal diritto e l’impossibilità di considerare la vita di un animale al pari di un bene mobile oggetto di furto ed invocando, comunque, la legittima difesa dei ragazzi nell’interesse degli animali.
Seppur rispettiamo quelle che sono le decisioni dell’Autorità giudiziaria, riteniamo che questa sentenza vada a confliggere con il riconoscimento dell’animale quale soggetto, essere senziente e non res, e la conseguenza che gli attivisti coinvolti non hanno assolutamente rubato qualcosa ma piuttosto salvato vite animali da maltrattamenti e uccisioni, come poi confermato successivamente dallo stesso Tribunale di Brescia con la storica sentenza di condanna per l’azienda del 23 gennaio scorso: “per questo auspichiamo che la Corte d’Appello possa valutare diversamente i fatti, alla luce dei successivi accadimenti nella struttura e relative vicende processuali, nonché un intervento legislativo che intervenga a chiarire una volta per tutte che un animale non può essere considerato mera proprietà privata”, afferma la LAV.
Secco il commento di Pier Paolo Cirillo, Vicepresidente di Animalisti Italiani Onlus - www.animalisti.it -, che quel 28 Aprile 2012 fu l'ultimo ad uscire dai cancelli di Green Hill. Così argomenta la sentenza emessa dal Tribunale di Brescia, che ha condannato 12 attivisti per furto aggravato: “La Giustizia deve rendersi conto di quando usare la mano pesante e quando, come in questo caso, contemplare delle eccezioni. Gli attivisti sono intervenuti per sottrarre alla sperimentazione e ad un inevitabile tunnel di sofferenza e morte oltre sessanta cani. Ma, le persone condannate, ironia della sorte, sono coloro che erano rimaste fuori ad aspettare la consegna dei cani da portare in salvo”.
Insomma, quelli condannati dal Tribunale di Brescia sarebbero sì conniventi, perché hanno contrinuito a questo grande proggetto di salvezza, ma materialmente non avrebbero commesso il fatto. E di quale crimine si sarebbero macchiati poi? Quello di provare a portare in salvo animali destinati ad una morte certa?
Incalza Cirillo: “Chi è il vero criminale: chi ha tentato di salvare i cani o chi periodicamente somministrava agli animali sostanze che hanno condotto alcuni alla morte?”
Va detto infatti che molti dei cuccioli salvati e dati in adozione sono morti nei mesi successivi all'affidamento. Le famiglie presso cui hanno trovto casa hanno speso molti soldi in controlli e analisi, ma le sostanze tossiche inniettate per la vivisezione hanno avuto la meglio.
“La Giustizia ha perso una grande occasione: quella di evolversi correggendo il tiro, ossia considerando gli animali degli esseri senzienti da tutelare e non meri oggetti di lucro”.