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di Licia Colò

ZANNONE, L'ISOLA CHE NON C'E'…
di Licia Colò

A spasso nella quiete di questa splendida
terra immersa in un mare azzurro.

8 giugno 2001 - E’ l’alba di una giornata di sole.
Non amo alzarmi presto ma di fronte alla luce del mattino mi rendo conto che nel mio quotidiano perdo qualcosa.
La prossima volta, penso, dopo aver visto le previsioni, metterò la sveglia all’alba e andrò a vedere la nascita di un nuovo giorno al mare….
Ennesima promessa mai mantenuta… La nostra meta non è una gita di piacere, ma è un piccolo viaggio di lavoro.
Da Roma, raggiungiamo S. Felice Circeo, dove al porto abbiamo appuntamento con alcuni forestali che ci devono accompagnare all’isola di Zannone. In tanti anni di viaggi attorno al mondo è la prima volta che ho la possibilità di visitare quest’isola che pochi conoscono.
E’ novembre avanzato, ma la giornata è di quelle primaverili. Il mare è un olio e la visibilità è al massimo di ciò che possiamo immaginare. Zannone, Ponza e Palmarola sono li, ad un palmo di mano, ma in realtà per arrivare impieghiamo circa un ora. Il mare è trasparente come quello delle fotografie delle riviste turistiche che, inevitabilmente, ci fanno sognare.
L’approdo e’ il disegno di un luogo protagonista del nostro immaginario… praticamente non c’è…
Ad accoglierci altri due forestali che in questo periodo sono di turno.
Discosta, sulla destra dell’approdo c’è una peschiera romana, ancora perfettamente conservata, ma le nostre mete sono la vetta dell’isola, l’antico monastero abbandonato e, possibilmente, l’incontro con gli altri abitanti che mi risultano essere un gruppo di mufloni, due asinelle e diverse specie di uccelli.
Il profumo della vegetazione ci inebria e, alla fine, dopo una lunga salita, arriviamo a quella che viene chiamata semplicemente la casa, un edificio simile ad un casale costruito vicino ai resti del monastero. Qui ci fermiamo a fare delle splendide riprese e ognuno di noi, in autonomia, inizia a sognare.
E’ possibile che un viaggio ti faccia riflettere sul significato del nostro quotidiano?
A me, succede quasi sempre. Quante volte mi sento a disagio nel totale silenzio? E quante volte mi rendo conto che il tempo corre via veloce prendendosi gioco di me, del fatto che sono al suo costante inseguimento, ignara che l’unico modo per raggiungerlo è quello di sedermi ad aspettare, guardarmi attorno e vedere ciò che normalmente non noto neanche… La macchina, il traffico, lo smog, il telefono cellulare sono entrati di diritto nella nostra vita, e senza farsene accorgere ce la stanno portando via…. Tutto ciò non significa andare contro alle tecnologie, anzi, è la necessità di utilizzare al meglio tutte le nostre conoscenze senza diventarne schiavi…
Internet ha unito il mondo, ci aiuta con mille informazioni in più, ma non si può vivere davanti ad uno schermo. Gli uccelli, che un tempo rallegravano con il loro canto le nostre mattinate, oggi sono diventati un problema perché la loro cacca rovina la vernice delle nostre macchine. Per avere i vestiti sempre più bianchi e disinfettati avveleniamo i nostri fiumi, ma nessuno ci viene a dire che il pesce che mangiamo forse ci fa più male di una camicetta un po’ ingiallita….
Nell’aria, ad un tratto, a rompere l’incantesimo, echeggia la voce di un forestale: “Volete mangiare uno spaghettino con noi?” “potrei farvelo con gli zucchini e l’uovo.”
“Grazie,” risponde Carlo, “ma non abbiamo tempo, dobbiamo finire di “girare” se no va giù il sole….”
A proposito di questo, nelle mie riflessioni stavo dimenticando l’orologio, un altro oggetto di culto di cui pochi riescono a fare a meno. Gli si dà tale importanza che ne sono stati costruiti di tutti i tipi, anche di grande valore, rendendoli gioielli da milioni, il tutto per ricordarci che dobbiamo correre per perdere meno momenti possibili, ma intanto sono già passati…
Non so dire se sia la saggezza che ogni volta credo di acquistare o il semplice languorino che ho allo stomaco a farmi intercedere per la pausa spaghetti sta di fatto che dopo qualche resistenza riesco a convincere tutti. A tavola si parla della vita, di viaggi, di lavoro, le solite cose insomma, si parla dell’importanza della tutela della natura in un paese dove o si è ambientalisti o menefreghisti e, personalmente, credo che la bilancia penda decisamente a favore della seconda categoria….
Ciò che viene chiaramente fuori dalle nostre chiacchiere è che queste persone ci credono, credono davvero in quello che fanno, difendono l’integrità dei parchi nazionali e forse, solo per ospitalità accettano anche qualche mia obiezione. -E’ giusto proteggere la natura segregandola in spazi totalmente protetti?
Per farla amare, non sarebbe meglio farla conoscere, farne imparare il valore anche attraverso un equilibrato sfruttamento?-
Il dialogo è molto gradevole, ma a causa dell’orologio è destinato inevitabilmente a naufragare prima di riuscire a definire “l’equilibrato sfruttamento”…
Alzandoci da tavola la promessa è quella di ritornare, magari in primavera e magari per qualche giorno. (Ennesima promessa che dubito riuscirò a mantenere).
Ma credetemi, mi piacerebbe proprio farlo, tornare lì, su quell’isola, senza l’orologio magari, senza il telefonino, oppure, se proprio non ne posso fare a meno, con il compromesso di tenerlo spento… Mi piacerebbe continuare a sognare ad occhi aperti la possibilità.

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