INCONTRI A VALDES
di Licia Colò
1 giugno 2001 - Pensando alla penisola Valdes la ricordo come un ultimo paradiso per animali, come un luogo che qualsiasi amante della natura, nell’arco della propria vita, dovrebbe vedere almeno una volta… la ricordo con nostalgia e penso che un giorno vi farò ritorno… Facendo un salto indietro nel tempo di qualche anno mi ritrovo alle prese con le valigie e in procinto di partire con altri tre compagni di viaggio. Voliamo fino a Buenos Aires e da li, con un altro aereo, in meno di due ore, arriviamo alla penisola Valdes. Queste coste sono famose soprattutto per le balene franche che in agosto giungono dall’Antartide per rimanere in queste acque per accoppiarsi e partorire fino a novembre. Non sono però loro l’unica attrattiva naturalistica; facilmente osservabili sono anche il leone di mare, sempre occupato a controllare il proprio harem e il gigantesco elefante di mare che ha monopolizzato due delle spiagge più grandi dell’intera penisola. Più difficile, ma non impossibile, è anche l’incontro con la grande orca, il più temuto predatore di queste acque... Arriviamo a Puerto Madryn verso le 11.00 dove prendiamo possesso dell’albergo. Solo il tempo di sciacquarci la faccia e via verso Puerto Piramide, la località dove abbiamo appuntamento con il re delle balene, Tito Bottazzi, un bell’uomo cortese, di origine italiana, che ha già organizzato tutto per il giorno successivo. Così, lasciato Tito con un gruppo di turisti, proseguiamo sulla strada sterrata che attraversa la penisola e ci dirigiamo verso l’area dove si trovano gli elefanti di mare. Dopo due ore arriviamo in cima ad una scogliera dove “troneggia” una roulotte ridotta male: è l’alloggio del guardia parco che, costantemente, giorno e notte, controlla la spiaggia sottostante piena di elefanti di mare. La guardia che incontriamo ha 24 anni, e` un ragazzo dal viso aperto e vive li` da un mese, completamente isolato, senza corrente elettrica ne` generatore, con un armadietto pieno di scatole di cibo a lunga conservazione, acqua limitata e privo di servizi igienici. E` molto gentile e ci racconta con grande entusiasmo della bellezza del suo lavoro, di quanti esemplari di elefanti di mare è in grado di riconoscere, di quando, nei giorni precedenti, era riuscito al tramonto ad osservare un orca durante la caccia e della sua famiglia che abita sulle Ande, a 3000 chilometri di distanza da Valdes. Finita la chiacchiera, scendendo lungo una scaletta scavata nella roccia, raggiungiamo gli elefanti di mare. Non ci possiamo avvicinare troppo e ci fermiamo a circa 5 metri da loro. Pensiamo sia per la nostra sicurezza e invece e` per la sicurezza degli animali. Ottobre e novembre, infatti, sono i mesi durante i quali avviene la muta del pelo e gli elefanti di mare in questo periodo raramente entrano in acqua, rinunciando anche a nutrirsi. Questo perché` non avendo momentaneamente la pelliccia che funziona da ottimo isolante sia per caldo sia per il freddo, ed essendo i vasi sanguigni molto in superficie, l’improvviso contatto con l’acqua fredda, a seguito di uno spavento, potrebbe provocare loro un tale sbalzo di temperatura da portarli, in alcuni casi, addirittura alla morte. E` curioso osservare il loro comportamento. Cosi` grossi, sono goffi fuori dall’acqua, ma acquistano una straordinaria agilità` una volta fra le onde. Come i leoni di mare, anche loro si basano sulla struttura dell’harem: il maschio più` forte tiene sotto controllo un buon numero di femmine con le quali si accoppia, le difende da eventuali pericoli, ma controlla anche che nessuna di loro si allontani. Il sultano dell’harem ha in ogni caso un predominio limitato. Una volta stanco, o affamato, (dal momento che durante tutto il Suo sultanato non ha il tempo per nutrirsi), eccolo prontamente sostituito da un altro maschio più` prestante... Saremmo potuti rimanere li` per ore, ma il sole stava per tramontare e ci aspettavano più` di due ore di macchina per tornare a Puerto Madryn... cosi`, ringraziata la guardia, riprendiamo la strada di casa. Il giorno dopo la sveglia è alle 6.00. Una colazione veloce e via all’appuntamento con il re delle balene. Alle 7.30, Tito Bottazzi ci stava già` aspettando. Indossati i salvagenti obbligatori e saliti a bordo di un grosso motoscafo, abbiamo modo di apprezzare la splendida giornata con un mare liscio come l’olio… “Troveremo le balene?” domando a Tito. “Sicuramente; loro sono già attorno a noi e ci stanno guardando...” Si, ci stavano guardando, o forse eravamo noi, illusi, di poter interessar loro in qualche modo; avevamo percorso migliaia di chilometri per incontrarle e mi sarebbe piaciuto tanto farglielo sapere... chissà, forse ne sarebbero state orgogliose. Finalmente dopo secoli di caccia senza sosta, qualcuno aveva imparato ad apprezzare questo straordinario cetaceo non solo come piatto prelibato, o come olio per accendere le lampade, o ancora come stecche per fare apparire più attraenti i nostri busti… ma come simbolo di una natura forte e fragile allo stesso tempo, una natura in grado sempre di stupire colui che impara ad osservarla. Solo lo spazio di un pensiero, ed ecco a poche decine di metri da noi un soffio. Rallentata l’andatura, con il motore al minimo ci avviciniamo fino quasi a toccarle… Spento il motore lasciamo che siano loro, se vogliono, a venire da noi. In piedi, sul bordo della barca, scrutiamo attentamente l’acqua limpida sotto di noi. Come per miracolo le due balene si avvicinano e riconosciamo una madre e il suo piccolo. Si distinguono chiaramente; la madre e` lunga circa 14 metri, il piccolo non supera i 6. E` una grande emozione poter essere li, fermi a non piu` di 200 metri dalla riva, ed assistere a un evento certamente naturale, ma per noi quasi impossibile da vedere. Ad un tratto il piccolo acquista coraggio, si stacca leggermente dalla madre e si avvicina a noi arrivando proprio sotto la barca Forse dovrei spiegare che questi mammiferi sono stati, fra tutti i cetacei, i più cacciati proprio a causa della loro eccessiva fiducia nei confronti dell’uomo, e che il nome Franche sta a significare proprio balene giuste per essere cacciate in quanto facilissime da avvicinare... invece sono li`, attenta a captare qualsiasi suono, ad osservare qualsiasi movimento. Il piccolo e` proprio sotto di noi, si gira leggermente su un fianco, esce con un occhio dall’acqua e mi guarda. Non ha nessuna paura, vedo chiaramente la sua espressione che traduco come curiosità. Rimane cosi` per qualche secondo, poi la madre accarezzandolo con la pinna pettorale lo spinge via, non lontano, ma un poco più in là Io sono felice, non è la prima volta che vedo le balene, mi è già successo in altre occasioni, ma qui mi pare un avvenimento davvero speciale. Oggi, contrariamente a tutte le altre volte, l’innocenza di un piccolo ci aveva concesso di stare a guardare senza essere per forza i protagonisti magari di un lungo inseguimento… Ricordo bene quel suo corpo grande ma piccolo rispetto a quello degli adulti, ricordo le sue forme, che fra tutto il mondo animale, non sono certo le più belle e le più armoniose. Ricordo i suoi occhi piccoli, il suo sguardo che non ha niente a che vedere con quello dolcissimo di Bambi, ma più di tutto, ciò che mi ha insegnato, è che esistono ancora animali selvatici che non ci temono e che quindi, forse, siamo ancora in tempo per non rovinare tutto.