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di Marco D’Amico

LAMPEDUSA, DOVE NASCONO LE TARTARUGHE
di Marco D’Amico

8 giugno 2001 - Per chiunque l’abbia provata, è un’emozione indescrivibile. Assistere alla nascita dei piccoli di tartaruga marina ed accompagnarli con lo sguardo nella corsa verso il mare è qualcosa che rimane per sempre nei nostri ricordi e che giustifica ampiamente il nostro viaggio. Il viaggio in questione ci conduce nell’isola di Lampedusa, a largo della Sicilia, scelta ogni anno in estate per deporre le uova da decine di esemplari di tartarughe marine della specie Caretta Caretta. Ma perché proprio Lampedusa? Per deporre le uova, la tartaruga necessita di un posto molto tranquillo e silenzioso che deve essere necessariamente una spiaggia sabbiosa ed a Lampedusa queste caratteristiche ce le ha “la spiaggia dei Conigli”, apprezzata dunque non solo dai turisti ma anche dalle nostre simpatiche amiche per questo loro “unico” viaggio sulla terraferma. E che sia un viaggio davvero “unico” è facile comprenderlo, analizzando qualche cifra: la tartaruga si riproduce ogni tre anni ma la cosa più sconcertante è che soltanto 5 tartarughe su mille sopravvivono fino all’età adulta e quindi possono poi procreare. Tra le cause degli innumerevoli decessi ci sono i predatori, soprattutto nelle prime ore di vita, ma anche i pescatori (i loro ami e le reti nelle quali rimangono impigliate) e l’inquinamento marino sotto forma spessissimo di buste di plastica che vengono ingoiate dalle nostre “miopi” amiche. Le tartarughe marine sono dei rettili acquatici nel vero senso della parola che conducono la loro intera esistenza in mare e ne escono unicamente per deporre le uova. Sono animali solitari, amanti delle spiagge tranquille, relativamente vicino alla costa. Di tanto in tanto salgono in superficie per respirare e, in condizioni di tranquillità, ci rimangono per riscaldarsi al sole. Le femmine adulte, ogni tre anni circa, escono dall’acqua per deporre le uova. Scelgono, appunto, una spiaggia silenziosa e tranquilla e nel corso della notte si trascinano ad una trentina di metri dal bagnasciuga dove scavano una buca in cui depongono, ad una profondità di circa 50 centimetri, dalle 50 alle 130 uova che non si rompono nella caduta dall’alto perché hanno un guscio morbido. Le uova si schiudono dopo circa 60 giorni di incubazione nella sabbia ad una temperatura compresa tra i 26 ed i 30° C. E la temperatura è fondamentale in questa fase perché è stato scoperto che esiste una “temperatura di soglia” al di sopra della quale nascono tartarughe femmine, al di sotto invece sono maschi. . Ed è nell’istante della schiusa che comincia la travagliata vita della piccola tartarughina ed il lavoro di noi umani che abbiamo il compito, nel corso del nostro soggiorno naturalistico, di aiutarla nelle prime ore di vita. Il piccolo di tartaruga, ancora nel proprio guscio, è stimolato dal movimento dei suoi compagni e pian piano inizia a rompere l’uovo.Poi prende a scavare verso la superficie insieme ai suoi piccoli compagni di avventura con i quali, probabilmente, si scambia segnali in modo da uscire contemporaneamente dal nido. In questi primi minuti di vita, infatti, essere tutti uniti e cooperare è fondamentale per la sopravvivenza. La nidiata in movimento prende a scavare nella sabbia con quest’ultima che si deposita via via sul fondo del nido sollevandolo pian piano, proprio come un montacarichi. Le tartarughe si danno il cambio fino ad arrivare alla sommità del nido ma quando la temperatura della sabbia si fa più calda, i piccoli interrompono la propria attività riprendendola soltanto al calar della sera. Il nido, infatti, viene abbandonato con il favore delle tenebre, di notte, per evitare i predatori naturali di questi piccoli di tartaruga che sono davvero innumerevoli (cani randagi, gabbiani ed anche turisti, a volte ignari) e, per disorientarli, i nascituri escono tutti contemporaneamente in modo da limitare le perdite. Una volta in superficie le tartarughe si dirigono sicure e velocemente (si fa per dire!) verso il mare orientandosi con la luminosità dello specchio marino, più forte rispetto al resto del panorama, ed aiutandosi a vicenda nella corsa verso l’acqua. Sapute tutte queste informazioni, noi cosa possiamo fare per dare una mano a questi nostri piccoli ed indifesi nuovi amici? Possiamo rivolgerci alle associazioni ambientaliste che organizzano viaggi naturalistici in tanti siti in Italia e nel mondo. Uno di questi è senza dubbio Lampedusa dove è possibile partecipare a dei campi di ricerca nei quali si può svolgere un’opera concreta di informazione e sensibilizzazione verso il mondo della Caretta Caretta. In questi campi l’attività principale consiste nel controllo delle spiagge che serve a verificare tempestivamente la presenza di eventuali tartarughe in nidificazione, nidi o tracce. I nidi vengono poi recintati, per evitare il danneggiamento da parte di predatori e turisti invadenti, e si organizzato turni di guardia notturni. A Lampedusa, inoltre, è stato allestito anche un centro di recupero delle tartarughe ferite nel quale si provvede ad assistere gli animali feriti che vengono anche schedati e muniti di una targhetta di riconoscimento che possa servire a controllarne gli spostamenti nel Mar Mediterraneo. Il programma, inoltre, prevede anche tutta una serie di lezioni di biologia (in particolare sulla tartaruga Caretta Caretta) e delle escursioni nell’isola con lezioni sul posto che servono a conoscere al meglio la flora, la fauna e la geologia di Lampedusa. A questo punto non resta che augurarvi buon viaggio, nella speranza che la vostra vacanza possa trasformarsi in qualcosa di rilassante per voi e, soprattutto, di utile per la tartaruga Caretta Caretta e per tutti quegli animali che ogni giorno in tutto il mondo soffrono le angherie dell’uomo sempre più “padrone” indisturbato di una società che ha sempre meno rispetto per la natura e per tutti i suoi abitanti.

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