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di Giovanni Valdrè

INCONTRO RAVVICINATO COL BUE MUSCHIATO
di Giovanni Valdrè

26 ottobre 2001 - La lunga notte invernale è ormai discesa sui desolati altipiani artici del parco nazionale norvegese del Dovrefjeli, le prime tormente di neve ed il sopraggiungere del gelo polare hanno spinto i piccoli branchi di renne selvatiche verso le foreste di betulla nana del Konsvoll, i lemming si sono rifugiati nelle loro profonde tane e la volpe artica non si aggira più come un anima in pena. In cerca di prede, e così i miei buoi muschiati sono rimasti soli perché essi sono gli unici mammiferi in natura che possono sopravvivere senza un rifugio a quel clima estremo.
Ma proprio soli non sono: con loro è il mio pensiero mentre ti immagino muoversi lentamente, come spettrali cumuli di neve, nel buio della desolata tundra gelata e con essi è il ricordo di una delle più belle avventure della mia vita di ecologo che voglio raccontare perché possa servire a sfatare quella ingiusta fama che attribuisce a questi possenti e generosi animali comportamenti di perversa ferocia e di vile aggressività.
Andare a cercare il bue muschiato nel parco norvegese del Drovefjell, unico areale europeo dì questo misterioso ruminante, da tempo era diventata per me un'idea fissa, ma solo l'estate passata l’ho potuta realizzare, anche se non ero molto ottimista sull'esito della ricerca, in quanto sapevo che una spedizione effettuata per conto della rivista Oasis proprio nel territorio di quel parco era praticamente fallita e la relazione del viaggio portava alla sconsolata conclusione che voler trovare questo animate in un territorio così vasto era come "cercare un ago in un pagliaio”. In questa regione montana se l'inverno è polare. l'estate non è calda e mi sono ritrovato quindi per tre giorni ad avanzare faticosamente su un terreno gelato, coperto da un muschio fradicio alto una ventina di centimetri che avviluppava i miei passi nell'estenuante procedere contro l'impietoso vento artico, in uno scenario dantesco tormentato da enormi cumuli di neve levigata, stagni ghiacciati, incombenti rocce nere e crepacci nascosti.
L'unico segno dell'uomo che ho trovato in quella terra desolata e stato un vecchio cartello affisso ad un palo che rivolgeva un pressante monito in inglese ed in norvegese ad improbabili escursionisti:"Attenzione ai Suoi muschiati! Essi vi vedranno come potenziali nemici e possono reagire con un improvviso attacco di difesa. Se li incontrate, indietreggiate immediatamente perché essi possono caricare senza preavviso Per la vostra incolumità tenetevi ad una distanza da loro di almeno 200 metri (220 yards). Voi siete gli unici responsabili in caso di incidente in quanto non vi è nessuna ragione al mando per avvicinare i buoi muschiati".
Ma di quel monito non c'era alcuna necessità in quanto, in tre giorni di penosa marcia, di buoi muschiati non avevo visto neanche l'ombra.
Il quarto giorno, ormai convinto di cercare un ago nel pagliaio, ho abbandonato le ricerche e sono sceso in una piccola valle riparata che sapevo caratterizzata da un microclima temperato e proprio lì, in una radura erbosa, nascosta da un boschetto di betulle al limite di un piccolo lago, inaspettatamente mi sono trovato di fronte a due grossi bue muschiati.
Erano tranquillamente accosciati a ruminare, ma uno di loro, appena mi ha visto si è alzato repentinamente, fiutando nervosamente l'aria e raspando freneticamente il terreno con uno zoccolo.
Conoscevo il rischio di trovarmi a meno di venti metri da individui dell'unica specie animale europea che non teme l'uomo e che è portata per la sua indole aggressiva ad un improvviso attacco, contro il quale non avrei avuto scampo. Eppure, più sbalordito che impaurito di quell'incredibile incontro, non sono fuggito, ma mi sono immobilizzato come una statua, cercando di guardare altrove Non so quanto tempo ho trascorso in quella rischiosa vicinanze: i bastioni immobili e tonti continuavano a fissarmi con un aspetto terrificante, il loro grosso muso era incorniciato da una folta criniera e da un vello scuro che li scendeva, ondeggiando al vento, fino ai piedi, le corna, appiattite alla base, si protendevano sottili ed appuntite fino davanti ai piccoli occhi, il loro corpo tozzo aveva qualcosa di primordiale e esprimeva un vigore mostruoso. Eppure con il passare del tempo avvertivo che la tensione cominciava ad allentarsi, i buoi muschiati a poco a poco aveva smesso di fissarmi ed anzi sembravano quasi ignorarmi fino ad accosciarsi nuovamente e a riprendere a ruminare.
Frattanto il sole era apparso da dietro le nubi ed illuminava un incontaminato paesaggio meraviglioso e selvaggio, il lago era diventato di un azzurro profondo sci in atto una poiana calzata roteava nel cielo pallido.
Ed allora ho provato un'incontenibile gioia ed una sconosciuta serenità nel sentirmi in armonia con quella natura primordiale lontano dal mio mondo civile, nell'illusione di essere, almeno per un momento, parte del wild nordico, nel quale nei miei frequenti viaggi mi ero ritrovato, ma sempre come un visitatore estraneo. E mi era ritornato alla memoria un pensiero di un lappone riportato in un racconto dell'esploratore artico Barry Lopez; "Mi hanno detto che il paradiso è bellissimo. E' forse più bolla del territorio dei buoi muschiati durante l'estate; quando la nebbia si sparge a volte sui laghi e a volte l'acqua è azzurra e le strolaghe lanciano i toro richiami? Se il paradiso è ancora più bello, ne sono contento ma io voglio vivere nella terre del bue muschiato fino a quando sarò molto vecchio".

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