AnimalieAmbiente.it / rubriche / Ecologia e Ambiente / BUSH-EUROPA: POSIZIONI DISTANTI SU KYOTO
di Alessio Guerrini
di Alessio Guerrini
BUSH-EUROPA: POSIZIONI DISTANTI SU KYOTO
di Alessio Guerrini
Cronistoria di un'intesa improbabile.
15 giugno 2001 - Se il primo tour europeo del presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, si sperava potesse in qualche modo, offrire al nuovo inquilino della Casa Bianca, motivo di maggior riflessione sui temi delicati dell’ambiente, in particolare l’intesa sul trattato di Kyoto, l’impressione è quella di aver trovato un muro poco friabile agli allarmi lanciati dagli ambientalisti e dai partner europei (Italia compresa, ma aperta al dialogo e a soluzioni alternative) nel caso non venisse apposta la firma a stelle e strisce sul documento che prevede la riduzione media del 5,2% delle emissioni di gas a effetto serra per i paesi industrializzati fra il 2008 e il 2012.
Da Madrid, la prima di cinque tappe, Bush dichiara: “Il protocollo di Kyoto non è realistico e danneggerà la nostra economia” - ma aggiunge di essere pronto a negoziare - “Dobbiamo trovare un modo per lottare contro l’effetto serra”.
Nell’ultimo vertice di Goteborg, tenutosi giovedì, l’Europa e Bush restano divisi sul clima. Il presidente degli Stati Uniti ha confermato il suo no alla riduzione dei gas a effetto serra, pur riconoscendo la gravità e l’urgenza del problema e la volontà di lavorare per una soluzione comune. In programma c’è la costituzione di una commissione congiunta che preparerà il prossimo incontro sul clima, in programma a Bonn in luglio.
Sarà apertura, oppure no? Difficile a credere, se si ritorna indietro di qualche mese. Tra le righe della storia di Kyoto il comportamento degli Usa si è mostrato ondiavago, fumoso, per poi diventare chiuso e restio a qualsiasi tipo di soluzione. Ma andiamo con ordine:
Campagna elettorale USA (ottobre/novembre): Christine Whitman, futuro ministro dell’ambiente, in un'intervista rilasciata alla CNN in febbraio: “Bush è stato molto chiaro durante la campagna elettorale circa il fatto che gli studi scientifici sull’effetto serra siano validi. Esiste un problema reale che l’effetto serra pone al mondo. Sarà doveroso affrontare la questione CO2 perché avrà un impatto importante sulla Terra. E’ un passo importante da fare”.
4 marzo 2001: Il G8 Ambiente di Trieste si conclude con l’approvazione all’unanimità di un documento finale che affronta i temi dei cambiamenti climatici, dello sviluppo sostenibile e dei rapporti fra ambiente e salute. Dopo tre giorni di intensi colloqui, i ministri dell’ambiente degli otto paesi più industrializzati trovano l’accordo e una strategia per combattere il riscaldamento della Terra, stabilita a Kyoto nel 1997. “Ci impegniamo a raggiungere le soluzioni politiche per garantire l’integrità del protocollo”: è la dichiarazione finale firmata di Canada, Giappone, Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia e Stati Uniti, naturalmente.
15 marzo 2001: In una lettera al senatore repubblicano Chuck Hagel, Bush rivela che il suo governo non imporrà la riduzione delle emissioni di anidride carbonica alle centrali elettriche americane. Il presidente americano afferma che l’anidride carbonica non è considerata un fattore inquinante dal Clean Air Act, la legge sull’inquinamento atmosferico. Ha poi aggiunto che mettere dei tetti alle emisioni di CO2 farebbe aumentare le bollette dell’energia elettrica. “La questione - conclude Bush - ha bisogno di essere nuovamente esaminata, specie in un momento nel quale i prezzi dell’energia aumentano contemporaneamente ad una seria mancanza della stessa”.
29 marzo 2001: Il portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer: “Il presidente è stato inequivocabile. Non appoggerà il protocollo di Kyoto. Non rientra negli interessi economici degli Stati Uniti”. Rispondendo alle domande dei cronisti sulla volontà degli USA di ritirarsi dal trattato, Flesischer afferma secco: “Non c’è nulla da cui ritirarsi. Il protocollo è stato battuto per 95 voti a 0 in Senato, è un chiaro segno che non ha appoggio”, riferendosi ad una risoluzione non vincolante passata prima della firma di Kyoto. In quella risoluzione si affermava che il Senato non avrebbe sostenuto alcun accordo sul riscaldamento globale che non imponesse ai paesi in via di sviluppo gli stessi vincoli imposti a quelli industrializzati. Quando Clinton, nel 1997, firmò Kyoto, l’accordo non venne mai ratificato dal Senato.
30 marzo 2001: Bush durante un incontro con i giornalisti. “Lavorerò con i nostri alleati per ridurre le emissioni di gas ma non accetterò nulla che possa recare danno alla nostra economia”.
“Ho spiegato a Schroeder che siamo in una crisi energetica e che accettare le limitazioni alle immissioni di anidride carbonica avrebbe danneggiato la nostra economia e i lavoratori americani”.
23 aprile 2001: Fallisce il tentativo di mediazione tra l’amministrazione USA e i 42 paesi leader nella trattativa sul clima, tenutosi a New York. Kennet Brill, capodelegazione statunitense: “Il protocollo di Kyoto è morto. Gli Stati Uniti riconoscono l’esistenza del cambiamento climatico, riaffermano la loro intenzione a combatterlo e continuano ad essere parte integrante del processo negoziale. Ma ritengono che il protocollo di Kyoto sia uno strumento inadeguato per cui gli USA non lo ratificheranno”.
15 giugno 2001: Bush, da Goteborg, sull’ambiente: “Riconosciamo che è una questione pressante che richiede una soluzione globale. C’è bisogno di un’azione pronta, efficace e sostenibile, coerente con l’obiettivo ultimo della convenzione dell’Onu sul cambiamento climatico (Unfccc) di stabilizzare la concentrazione nell’atmosfera dei gas che contribuiscono all’effetto serra”. Tuttavia, prosegue “siamo in disaccordo sul protocollo di Kyoto e la sua ratifica”.
Da Madrid, la prima di cinque tappe, Bush dichiara: “Il protocollo di Kyoto non è realistico e danneggerà la nostra economia” - ma aggiunge di essere pronto a negoziare - “Dobbiamo trovare un modo per lottare contro l’effetto serra”.
Nell’ultimo vertice di Goteborg, tenutosi giovedì, l’Europa e Bush restano divisi sul clima. Il presidente degli Stati Uniti ha confermato il suo no alla riduzione dei gas a effetto serra, pur riconoscendo la gravità e l’urgenza del problema e la volontà di lavorare per una soluzione comune. In programma c’è la costituzione di una commissione congiunta che preparerà il prossimo incontro sul clima, in programma a Bonn in luglio.
Sarà apertura, oppure no? Difficile a credere, se si ritorna indietro di qualche mese. Tra le righe della storia di Kyoto il comportamento degli Usa si è mostrato ondiavago, fumoso, per poi diventare chiuso e restio a qualsiasi tipo di soluzione. Ma andiamo con ordine:
Campagna elettorale USA (ottobre/novembre): Christine Whitman, futuro ministro dell’ambiente, in un'intervista rilasciata alla CNN in febbraio: “Bush è stato molto chiaro durante la campagna elettorale circa il fatto che gli studi scientifici sull’effetto serra siano validi. Esiste un problema reale che l’effetto serra pone al mondo. Sarà doveroso affrontare la questione CO2 perché avrà un impatto importante sulla Terra. E’ un passo importante da fare”.
4 marzo 2001: Il G8 Ambiente di Trieste si conclude con l’approvazione all’unanimità di un documento finale che affronta i temi dei cambiamenti climatici, dello sviluppo sostenibile e dei rapporti fra ambiente e salute. Dopo tre giorni di intensi colloqui, i ministri dell’ambiente degli otto paesi più industrializzati trovano l’accordo e una strategia per combattere il riscaldamento della Terra, stabilita a Kyoto nel 1997. “Ci impegniamo a raggiungere le soluzioni politiche per garantire l’integrità del protocollo”: è la dichiarazione finale firmata di Canada, Giappone, Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia e Stati Uniti, naturalmente.
15 marzo 2001: In una lettera al senatore repubblicano Chuck Hagel, Bush rivela che il suo governo non imporrà la riduzione delle emissioni di anidride carbonica alle centrali elettriche americane. Il presidente americano afferma che l’anidride carbonica non è considerata un fattore inquinante dal Clean Air Act, la legge sull’inquinamento atmosferico. Ha poi aggiunto che mettere dei tetti alle emisioni di CO2 farebbe aumentare le bollette dell’energia elettrica. “La questione - conclude Bush - ha bisogno di essere nuovamente esaminata, specie in un momento nel quale i prezzi dell’energia aumentano contemporaneamente ad una seria mancanza della stessa”.
29 marzo 2001: Il portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer: “Il presidente è stato inequivocabile. Non appoggerà il protocollo di Kyoto. Non rientra negli interessi economici degli Stati Uniti”. Rispondendo alle domande dei cronisti sulla volontà degli USA di ritirarsi dal trattato, Flesischer afferma secco: “Non c’è nulla da cui ritirarsi. Il protocollo è stato battuto per 95 voti a 0 in Senato, è un chiaro segno che non ha appoggio”, riferendosi ad una risoluzione non vincolante passata prima della firma di Kyoto. In quella risoluzione si affermava che il Senato non avrebbe sostenuto alcun accordo sul riscaldamento globale che non imponesse ai paesi in via di sviluppo gli stessi vincoli imposti a quelli industrializzati. Quando Clinton, nel 1997, firmò Kyoto, l’accordo non venne mai ratificato dal Senato.
30 marzo 2001: Bush durante un incontro con i giornalisti. “Lavorerò con i nostri alleati per ridurre le emissioni di gas ma non accetterò nulla che possa recare danno alla nostra economia”.
“Ho spiegato a Schroeder che siamo in una crisi energetica e che accettare le limitazioni alle immissioni di anidride carbonica avrebbe danneggiato la nostra economia e i lavoratori americani”.
23 aprile 2001: Fallisce il tentativo di mediazione tra l’amministrazione USA e i 42 paesi leader nella trattativa sul clima, tenutosi a New York. Kennet Brill, capodelegazione statunitense: “Il protocollo di Kyoto è morto. Gli Stati Uniti riconoscono l’esistenza del cambiamento climatico, riaffermano la loro intenzione a combatterlo e continuano ad essere parte integrante del processo negoziale. Ma ritengono che il protocollo di Kyoto sia uno strumento inadeguato per cui gli USA non lo ratificheranno”.
15 giugno 2001: Bush, da Goteborg, sull’ambiente: “Riconosciamo che è una questione pressante che richiede una soluzione globale. C’è bisogno di un’azione pronta, efficace e sostenibile, coerente con l’obiettivo ultimo della convenzione dell’Onu sul cambiamento climatico (Unfccc) di stabilizzare la concentrazione nell’atmosfera dei gas che contribuiscono all’effetto serra”. Tuttavia, prosegue “siamo in disaccordo sul protocollo di Kyoto e la sua ratifica”.