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8 giu 01

C'E' L'ESTINZIONE NEL FUTURO DI GORILLA E ORANGHI
8 giu 01

8 giugno 2001 - Dieci, venti anni al massimo. E poi dei gorilla, dei scimpanzé e degli oranghi non ve ne sarà più traccia. Con loro, rischiano di estinguersi anche i gibboni e, in generale, tutte le grandi scimmie antropomorfe.
Fino ad oggi sono stati gli ambientalisti e gli animalisti a dare risalto a questo grave problema ma ora, ed è questa la novità, l’allarme viene ripreso ed amplificato dall’Onu attraverso l’Unep, la sua “costola africana” responsabile della difesa dell’ambiente, secondo la quale “la situazione sta ormai precipitando e si è ormai vicini al punto del non ritorno, superato il quale la scomparsa delle grandi scimmie antropomorfe sarà inevitabile”.
Cosa fare allora? Innanzitutto si è pensato di far partire un progetto concreto “per la sopravvivenza delle grandi scimmie”, denominato “Grasp” (Great apes survival project), del quale per ora fanno parte soltanto cinque paesi che hanno ricevuto un primo finanziamento di oltre 300 milioni. Ma non basta. Servono molti più soldi, circa 2 miliardi di lire.
Il problema infatti è planetario, anche se coinvolge direttamente soltanto 23 nazioni dell’Africa ed del Sud-est asiatico dove ancora oggi sopravvivono a stento questi grandi primati. Al momento i progetti in piedi sono cinque e per realizzarli l’Unep si è affidata ad una “joint venture”, denominata Ape Alliance, della quale fanno parte oltre 40 associazioni ambientaliste.
Le minacce per tutti questi primati giungono da più parti e sono molteplici. Innanzitutto si colpisce il loro habitat naturale come nel caso della deforestazione e dell’estrazione mineraria, è il caso del Congo dove i cercatori di metalli preziosi, vedi tantalio e niobio, hanno incrinato l’equilibrio dell’ecosistema locale mettendo a repentaglio la sopravvivenza delle scimmie. L’uomo, inoltre, non si accontenta di colpire alla cieca e nel mucchio ma nella sua infamia attacca anche i più deboli, che poi sarebbero i cuccioli che vengono catturati e venduti al mercato nero. Quest’ultimo è alimentato anche dai cacciatori di frodo che traggono frutto dal commercio illegale di souvenir di ogni genere.
Per combattere tutto ciò si deve agire su più fronti. Tre le emergenze c’è soprattutto quella relativa al bracconaggio che può essere vinto ricorrendo a personale altamente specializzato.
Un’altra emergenza è relativa alla frammentazione dei gruppi di grandi scimmie che si possono riunire allestendo dei “corridoi” naturali in modo anche da essere meno vulnerabili.
E’ importante, infine, il rispetto verso questi primati ed il rispetto, spesso, deriva dalla cultura quindi è fondamentale istruire in tal senso tutte le popolazioni che dividono i propri spazi di appartenenza con scimpanzé, oranghi, gibboni e quant’altro.
Un allarme diverso giunge dalla Cites - l’organismo internazionale che si occupa del traffico illegale di oggetti derivanti dallo sfruttamento di specie in estinzione o in pericolo - ed è legato direttamente all’alimentazione: la carne di scimmia, infatti, è entrata a far parte regolarmente della dieta degli operai che lavorano nelle miniere ma anche dei pastori, dei tagliaboschi e persino di alcuni cittadini. La questione non riguarda, però, solo le scimmie. In molti considerano delle vere e proprie leccornie anche la carne di bufali, elefanti, impala e gazzelle.
Tornando ai primati, è giunta l’ora di parlare di cifre. Ed i numeri, nella loro crudezza, sono terribili.
Ai primi del Novecento in Africa vivevano circa un milione tra gorilla, oranghi, scimpanzé e gibboni. Oggi, purtroppo, non è più così.
La colonia più a rischio è quella degli scimpanzé: ne esistono due specie e ne sono rimasti tra i 100 ed i 200mila. E’ l’emergenza più grave. Questo primate, infatti risiede in Costa D’Avorio e rischia seriamente l’estinzione e con lui, paradossalmente, sparirebbe anche una parte di noi visto che ha oltre il 98 per cento del DNA uguale a quello umano.
Per quel che concerne i gorilla, invece, due delle tre specie non sono a rischio e contano oltre un migliaio di esemplari. Diverso è il discorso per i gorilla di montagna, ridotti ad un centinaio , sopravvissuti nel parco Virunga, in Ruanda, nel Congo e in Uganda e la loro presenza è fondamentale per la sopravvivenza anche delle foreste nelle quali vivono poiché sono equiparati a dei “giardinieri”, vista la loro abitudine a potare alberi e a spargere in giro i semi che si nascondono nella pelliccia.
Gli oranghi sono solo 20mila e si trovano per la maggior parte in Asia dove vivono all’interno dei parchi di Tanjung Putting e a Sumatra e in Borneo. Ed anche questa è una specie seriamente minacciata di estinzione.
Quattrocento sono, infine, i gibboni che tentano disperatamente di sopravvivere in quegli esigui 80mila ettari di foresta ancora protetti.
Anche noi di “animalieanimali” vogliamo far nostra questa battaglia in difesa delle grandi scimmie antropomorfe perché questo non solo un “loro” problema ma è soprattutto una questione che riguarda tutti noi ed è il nostro futuro.

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